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 Storia e segreti del pane 
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Inizio oggi a trascrivere, dal mio libro "Pane, i segreti per farlo in casa, a macchina e a mano" - Giunti Editore, tutta l'introduzione molto interessante sulla storia e sui segreti del pane.


Di volta in volta inserirò i vari capitoli in questa prima pagina, e vi darò contestualmente l'informazione dell'avvenuto nuovo inserimento occhiolino



STORIA E SEGRETI DEL PANE

Breve storia del pane
Non c'è leggenda, fantasia o documento che ci informi su quando l'uomo iniziò a introdurre il pane nella propria alimentazione.
Sappiamo che la cerealicoltura preistorica si sviluppò in modo definitivo soprattutto nella fase di passaggio dal Paleolitico al Neolitico (cioè nel Mesolitico o Neolitico Inferiore), in un'epoca tuttavia anteriore a quella che fin'ora si era supposto, ovvero 8000-7000 anni a.C.
Sembra che il primo cereale a convertirsi in pane sia stato l'orzo. Un altro tentativo di panificazione fu fatto con il miglio, graminacea dall'elevato potere nutrizionale.
La segale, detta anche segala (cereale dotato di buone caratteristiche panificatorie), era conosciuta assieme all'avena già  nell'età  del Bronzo (se ne sono ritrovati residui in giacimenti di quell'epoca).
Intorno al IV secolo a.C., nei paesi dell'Europa centrosettentrionale, questo cereale venne diffusamente coltivato a scopo alimentare e il suo utilizzo si diffuse soprattutto per la preparazione del pane e dei suoi derivati. E', in ogni caso, il frumento il cereale che da sempre è destinato a conoscere il maggiore e più duraturo successo, grazie soprattutto alla sua straordinaria attitudine alla panificazione.

Farina e fuoco
Il primo passo verso la "scoperta" del pane si registrò quando l'uomo, cominciando a triturare il grano e gli altri cereali tra due pietre, ottenne una farina alquanto grossolana con cui iniziò a prepararsi delle "pappe" mescolandola con dell'acqua. Con la scoperta del fuoco imparò a tostare i chicchi (rendendoli più gustosi e digeribili), e a cuocere l'impasto di farina e acqua sopra una pietra rovente. Per evitare la dispersione del calore, provvide poi a ricoprire la piastra caldissima con un vaso di terracotta a campana: nacque in tal modo il primo rudimentale fornello.
La tappa successiva fu una buca di pietre arroventate in cui l'uomo poneva l'impasto per la cottura. Da questo sistema passò in seguito all'edificazione di un forno (già  in uso fra gli Egizi) a due ripiani: uno per l'impasto e l'altro per il focolare. Il pane di quel tempo era per lo più azzimo, cioè privo di enzimi, non lievitato, e veniva consumato caldo.

La scoperta del lievito
Il passo più rivoluzionario nell'arte della panificazione si registrò però nel momento in cui l'uomo scoprì e rese poi utilizzabile il processo di fermentazione naturale dell'impasto.
Probabilmente la scoperta fu del tutto casuale: un impasto di farina e acqua, dimenticato per qualche tempo in un angolo caldo e buio, fermentò, diventando gonfio e acquistando un sapore acido. Gli Egizi furono i primi a perfezionare la lavorazione del pane attraverso la lievitazione, portandola a livelli artigianali con la definizione della figura professionale del fornaio.
Durante il periodo Ellenico l'arte della panificazione compì notevoli progressi.
Basti pensare che i Greci erano talmente esperti da poter confezionare ben 72 tipi di pane i cui nomi prendevano origine dalle forme, dal tipo di cereali usati, dagli ingredienti e dal modo di cottura.
Per i Romani l'incontro con il pane avvenne nel periodo in cui conquistarono la grande civiltà  Greca. Da allora sorsero numerosi forni pubblici e i fornai si costituirono in una prima forma di associazione, detta corporazione dei "pistores".

Dal pane nero al pane bianco
Per quasi quaranta secoli la tecnica della panificazione non subì sostanziali mutamenti. In seguito, nel XVIII secolo, intervenne una prima modificazione con la sostituzione pressoché totale dei vecchi mulini a palmenti (macine) con quelli a cilindri d'acciaio. Questi ultimi permisero di ottenere farine super raffinate, bianchissime, composte quasi esclusivamente dalla parte centrale amidacea (mandorla) del chicco e, quindi, prive del ricco bagaglio di sostanze nutrienti contenute negli strati della cariosside, quali l'embrione (germe), lo strato proteico (aleurone) e gli strati pericarpi (crusca).
Il risultato finale fu da una parte l'abbandono del consumo del pane "nero" a favore di quello "bianco", nutrizionalmente povero e bilanciato, e dall'altra la vendita dei preziosi "scarti" come mangime per il bestiame e sottoforma di costosissimi prodotti dietetici.


Gli ingredienti del pane
Qualsiasi libro di cucina ci insegna che per fare il pane è sufficiente disporre di alcuni semplici ingredienti - farina, acqua, sale e lievito - i quali andranno tra loro amalgamati fino ad ottenere un impasto che si introdurrà  nel forno per la cottura. In realtà  le condizioni da osservare sono molte e nessuno è in grado, le prime volte, di fare il pane in maniera "creativa".
Essendo il pane un alimento essenzialmente "vivo", è anzitutto necessario che i suoi ingredienti siano di buona qualità. La farina, per esempio, dovrà  essere di fresca macinatura; i liquidi (acqua o latte che siano) andranno usati alla giusta temperatura; il lievito verrà  aggiunto in dosi calibrate; la lavorazione della pasta, per finire, dovrà  essere fatta in maniera corretta.
Inoltre, si dovranno tenere in debita considerazione una serie di agenti esterni, quali la temperatura ed il grado di umidità  dell'ambiente in cui si lavora, le caratteristiche del forno di cottura e, perché no, lo stato d'animo e la disponibilità  di chi si accinge a panificare.

I Cereali
I cereali che oggi conosciamo (frumento, orzo, mais, miglio, riso, avena, segale, ecc.) sono il frutto di selezioni che l'uomo ha attuato nel corso del tempo su graminacee ed erbe selvatiche. Questi costituiscono la più importante fonte dell'alimentazione umana.
Nell'antichità venivano correntemente impiegati diversi tipi di cereali, molti dei quali sono stati nel tempo abbandonati in quanto dotati di scarso valore alimentare, oppure perché ritenuti poco adatti alla panificazione per la mancanza di glutine.
Il glutine si forma principalmente dall'unione di proteine contenute nel cereale durante la fase di impasto della farina con l'acqua. E' una massa tenace ed omogenea, di consistenza gommosa. Dalla sua capacità  di trattenere l'acqua, fino a oltre il 200% del suo peso, dipendono le proprietà  dell'impasto: la manipolazione agevola la formazione del glutine il quale, a sua volta, dilatandosi gradualmente sotto la pressione dei gas di fermentazione, comporta l'aumento di volume in fase di lievitazione.

Il Frumento è il cereale più coltivato al mondo e possiede virtù tali da essere considerato il più adatto a essere panificato.
Le infinite varietà  di grano si possono ricondurre a due grandi categorie : i grani teneri, che crescono in zone caldo-temperate e sono destinati alla panificazione, e i grani duri, che prediligono le regioni caldo-secche. Questi ultimi sono più grossi e pesanti dei grani teneri, più nutrienti e ricchi di glutine, e vengono usati quasi esclusivamente per produrre pasta e semola.
Il chicco di frumento si compone in tre parti fondamentali : la crusca (12-15% del peso), costituita essenzialmente da cellulosa e, in minima parte, anche da vitamine; l'albume o endosperma (83-85% del peso, che è la parte più importante dal punto di vista nutrizionale in quanto contiene proteine, vitamine, enzimi, carboidrati e sali minerali; il germe (1 - 2% del peso), ricchissimo di grassi assai preziosi e di vitamina E.
La composizione chimica del chicco di frumento (e, per analogia di tutti gli altri cereali) comprende acqua, amido, zucchero, destrina, cellulosa, grassi, sostanze azotate e minerali.

La Segale è scarsamente usata in Italia, mentre nel resto d'Europa risulta essere il cereale più impiegato per la panificazione.
E' una pianta che predilige i climi umidi e rigidi e, sotto l'aspetto morfologico, si differenzia dal frumento per la forma più allungata ed il colore più scuro. E' ricca di fosforo e proteine, ma la sua farina essendo povera di glutine, risulta poco adatta alla preparazione del pane, a meno che non venga associata a quella di frumento.

L'Orzo in tempi remoti conobbe larga fama per ciò che concerneva la produzione di pani azzimi e focacce. Sembra infatti che sia stato il primo cereale a trasformarsi in pane mentre oggi è quasi esclusivamente destinato alla produzione della birra e del malto. La scarsa lavorabilità  della sua farina - dipendente dal poco glutine di cui dispone - è la ragione per cui è poco impiegato nella panificazione.

L'Avena è coltivata ormai quasi esclusivamente per alimentazione bovina. In genere se ne consiglia l'uso in chicchi, poiché è alimento assai nutriente e stimolante; la sua farina invece, non essendo in grado di lievitare, viene preferita nella preparazione di biscotti, gallette e cracker.

Il Miglio, la cui coltivazione costituisce fra le più importanti fonti di sostentamento in alcune zone dell'Africa e dell'Asia, gode in Europa di scarsa fama: un peccato, se si considera che è uno degli alimenti ricchi di sostanze minerali.

Il Grano Saraceno, conosciuto anche come grano nero, in realtà  non è una graminacea; appartiene infatti alla famiglia delle poligonacee. In Italia la coltivazione è diffusa in alcune zone di montagna, particolarmente in Sud Tirolo e in Valtellina.

Il Mais arrivò in Europa al seguito delle prime spedizioni di Colombo. Usato inizialmente per alimentazione del bestiame, oggi il mais vanta una diffusione di tutto rispetto ed è una delle coltivazioni più importanti del continente europeo.
Esistono due varietà  di granoturco: il mais bianco ed il mais giallo. Quest'ultimo è discretamente ricco di carotene, assente invece nel mais bianco. Le proteine contenute nel mais sono però di valore biologico inferiore a quelle di altri cereali. Sono carenti di alcune sostanze (lisina e triptofano), il che ha provocato nei secoli l'insorgere della pellagra tra la popolazione povera di alcune regioni d'Italia che si nutrivano quasi esclusivamente di polenta di mais sino all'incirca la fine degli anni '50.

Il Farro, tra i vari cereali, fino a qualche anno fa, era sicuramente uno dei meno diffusi, tanto che non era sempre facile trovarlo in commercio. Negli ultimi anni è stato riscoperto soprattutto presso quanti hanno orientato la loro alimentazione in senso naturista. Se ne ricava un buon pane mescolando farina di farro con farina di frumento e di segale.

Il Riso presenta più varietà : comune, semifino, fino e superfino.
La farina di riso è debole, scarsamente plastica, poco lavorabile e priva di elasticità, che per essere panificata, necessita del supporto di una farina "forte" quale, appunto, quella di frumento. Solo così sarà  possibile ottenere un pane misto assai ricco dal punto di vista alimentare, anche se di digeribilità  un po' più difficile.

LA FARINA
Le confezione di farina che troviamo nelle botteghe dei fornai e sugli scaffali dei supermercati sono il frutto di un complesso procedimento a più stadi cui vengono sottoposti i chicchi dei cereali. La molitura industriale attuale, infatti, permette di ottenere almeno una decina di prodotti finiti diversi.
Oggigiorno la produzione industriale di farine si attua grazie a macchinari sofisticatissimi, i quali hanno il "torto" di escoriare i chicchi togliendo loro la parte esterna ed il germe (che è il centro vitale del cereale), conservando invece quasi esclusivamente la frazione amidacea, la quale è povera di proteine e vitamine.
I mulini a pietra, per contro, macinano (e macinavano) a velocità  molto più ridotta (80-100 giri al minuto), per cui il pericolo di surriscaldamento che compromette le proprietà  lipido-vitaminiche delle farine, viene scongiurato. Inoltre questo tipo di macina non priva il cereale di nessuna delle sue più nobili componenti; anzi, per mezzo dell'azione di sfregamento, provoca la rottura e l'apertura della maggior parte delle cellule dello strato aleuronico del chicco, impregnando in tal modo la farina così ottenuta dal prezioso olio di germe.
Il valore panificabile della farina raggiunge il suo apice quando, approssimativamente, l'intervallo fra la macinazione e l'uso non è inferiore ai 15-20 giorni, periodo necessario per il consolidarsi dei processi ossidativi uniti all'attività  panaria. Se trascorre troppo tempo (1 o 2 anni dalla molitura), la farina diverrà "vecchia" ed il suo tenore qualitativo scadrà  sempre più.

Meglio biologica e integrale!
Affinché i cereali, come pure gli altri prodotti agricoli, siano al meglio delle loro qualità, è indispensabile che vengano coltivati in modo da risultare privi di residui tossici, conseguenza inevitabile dell'agricoltura moderna.
Qualora siano di provenienza biologica è bene utilizzare farine ottenute da cereali "integrali", i cui chicchi sono stati cioè puliti solo dalle loro componenti più esterne e siano completi di tutte le altre parti, di solito eliminate durante la raffinazione, che rendono l'alimento completo.
La raffinazione impoverisce, infatti, i cereali di sostanze importanti da punto di vista nutrizionale, quali vitamine (B1, B2, PP, B6), proteine, amidi, e sali minerali (magnesio, calcio, fosforo, ecc.), e il danno è tanto più ingente quanto maggiore è il grado di raffinazione. A ciò si aggiunga l'enorme perdita di fibra grezza (crusca) - praticamente assente nelle farine più raffinate - il cui consumo, com'è ormai riconosciuto, rivestirebbe enorme importanza nella prevenzione di numerose malattie tipiche dell'età  moderna.
Attenzione però: le farine integrali provenienti da coltivazioni "convenzionali" finiscono per essere un concentrato di quelle sostanze dannose che vengono utilizzate nella coltivazione e che si raccolgono sulle parti esterne dei chicchi. Spesso poi vengono spacciate per farine integrali farine semplicemente reintegrate, cioè bianche e miscelate a una certa quantità  di crusca. L'occhio attento del consumatore riuscirà  comunque a distinguere il fondo puntinato della crusca aggiunta per reintegrare la farina da un prodotto realmente completo, che è invece di colore ambrato piuttosto uniforme.



IL LIEVITO
Lo scopo del lievito è quello di far "levare" la massa attraverso la trasformazione degli zuccheri e lo sviluppo di alcool e anidride carbonica. In tal modo il prodotto che viene sottoposto a questo processo acquista leggerezza, digeribilità  e facilità  di assimilazione. In panificazione vengono usati principalmente tre tipi di lievito: lievito di birra, lievito secco, lievito naturale.

Il Lievito di Birra è ottenuto attraverso la coltura di ceppi di microrganismi (Saccaromyces Cerevisiae) a temperature oscillanti tra i 24 e 26°C. Essendo formato da cellule vive, possiede tutte le caratteristiche degli esseri viventi (respirazione, riproduzione ecc.). Deperisce piuttosto in fretta (6-7 giorni a 22°C, due settimane circa a 15°C, 30-60 giorni a 0°C), per cui è bene sincerarsi, all'atto dell'acquisto, della sua freschezza. Il suo aspetto dovrà  essere quello di una pasta soda, che non si sbriciola, di colore grigio uniforme e di odore gradevole. La composizione del lievito di birra è la seguente:
70% acqua
13,5% sostanze azotate
1% sostanze grasse
1,5% cellulosa
12% glucidi
2% sostanze minerali
Entra nella composizione del pane nella dose di 30-50 gr per ogni kg di farina fresca.

Il Lievito Secco dispone di una più lunga stabilità  rispetto al lievito di birra poiché possiede un tenore di umidità  assai più basso. Si presenta sotto forma di piccolissimi granuli e riattiva la propria capacità  fermentativa se sciolto in acqua leggermente più calda di quella usata per il lievito di birra (40-42°C). Esistono in commercio diverse tipologie di lievito secco; per l'uso conviene quindi, di volta in volta, leggere le istruzioni riportate in genere sulle singole confezioni.

Il Lievito Naturale (o pasta acida) è quello tradizionalmente usato nella panificazione casalinga.
Il lievito si ottiene prelevando e conservando un pezzetto dell'impasto della panificazione precedente, asportato prima della cottura e chiamato lievito capo. Non è costituito da un lievito puro, ma contiene, oltre ai Saccaromices, anche fermenti lattici ed acetici. In queste condizioni la trasformazione biologica dell'impasto avviene anche attraverso fermentazioni collaterali, con formazioni di acido lattico, acetico e butirrico; durante la successiva cottura, si formano quindi sostanze aromatiche diverse da quelle derivanti dalla fermentazione di lieviti selezionati.
Nella lievitazione naturale la fermentazione è più lunga e lenta, mentre con i lieviti selezionati la lavorazione risulta più semplice e breve.
La maggior durata del processo naturale da luogo, inoltre, ad un'azione più prolungata degli enzimi proteolitici: il prodotto lievitato in questo modo risulta più ricco di amminoacidi liberi, sostanze che determinano la particolare fragranza del prodotto cotto.
La maggior conservabilità  del pane è dovuta la fatto che il più elevato grado di acidità  (pH 4 - 4,2 anziché i valori 5,5 -5,6 di quello fermentato con lievito di birra) protegge l'impasto da successive contaminazioni, da muffe e da altri difetti.
Nel caso della produzione del pane integrale va ricordato che, negli involucri esterni del chicco di frumento, è presente un enzima - la fitasi - il quale durante la fasi di lievitazione ha la proprietà  di scomporre l'acido fitico, insolubile, in composti assimilabili dall'organismo. Una delle condizioni perché ciò possa avvenire è però la creazione di un ambiente acido.
Sarebbe auspicabile quindi l'utilizzo metodico della fermentazione acida almeno per il confezionamento dei pani integrali.
In sintesi, i vantaggi tecnologici che presenta il lievito naturale sono quelli di rallentare lo sviluppo delle muffe, di produrre anidride carbonica in modo più lento (per cui l'alveolatura della mollica risulta più fine e regolare), di impartire sapori e profumi caratteristici. Il pane presenta anche maggiore digeribilità, in quanto l'azione enzimatica più lunga porta ad una semplificazione delle molecole.
Se per panificare si usa la pasta acida, a ogni chilo di farina se ne aggiungono 60 - 80 grammi.
I modi per incorporare il lievito nell'impasto sono i seguenti:
- sminuzzarlo direttamente nella farina;
- scioglierlo in poca acqua che non abbia una temperatura superiore ai 35°C, aggiungendo anche un po' di zucchero e miscelando in seguito tale soluzione con l'altra acqua dell'impasto.
Il lievito non va mai messo direttamente a contatto con alte concentrazioni di sale o di zucchero, altrimenti si determinerebbe la morte di alcune cellule attraverso il processo di osmosi.

PREPARAZIONE DEL LIEVITO NATURALE

Ingredienti base: 100 gr di farina macinata di recente (in ogni caso non più vecchia di 3-4 mesi), acqua q.b., 1 cucchiaino di olio evo, 1 cucchiaino di miele.

Esecuzione della ricetta: impastare la farina, con un po' d'acqua tiepida e aggiungere l'olio ed il miele. Manipolare l'impasto affinché raggiunga una consistenza tale da non risultare appiccicoso. Date al composto la forma di una palla, riponetelo, in luogo tiepido e riparato, dentro una ciotola e copritelo con un panno pulito che manterrete costantemente umido (per evitare la formazione di una crosta sull'impasto) per un tempo di 48 ore.
Passato questo periodo, aggiungete un paio di cucchiai di acqua tiepida (meglio se bollita) e la farina necessaria per ottenere una nuova pagnotta che abbia la stessa morbida consistenza della precedente. Riponete questo secondo impasto in una ciotola, eventualmente più grande in quanto il suo volume sarà  maggiore. Tenetela coperta per altre 48 ore con un canovaccio mantenuto costantemente umido, sistemandola in luogo tiepido e al riparo da correnti d'aria.
A questo punto è pronto il "ceppo" di pasta sul quale ci si "attaccherà " con l'aggiunta di ingredienti freschi (nuova farina, acqua e sale) per iniziare a preparare il pane.

Suggerimenti: è molto importante che la lievitazione avvenga in un luogo la cui temperatura sia piuttosto elevata (intorno ai 25°C) e costante. Sbalzi di temperatura anche minimi possono compromettere il buon esito dell'operazione. Anche la temperatura dell'acqua non deve essere troppo bassa: in inverno sarà  bene intiepidirla un po'.

Conservazione: per tenere in vita il lievito naturale basterà  fare il pane almeno una volta alla settimana. Sarà  sufficiente staccare dal blocco dell'impasto finale del pane, prima di introdurlo in forno, un pezzo grosso all'incirca quanto un pugno: esso costituirà  la "base" per la panificazione successiva. Il lievito naturale dovrà  essere conservato in un contenitore a chiusura ermetica (per esempio un barattolo di vetro) in un luogo fresco e poco luminoso fino a nuovo uso.
Dovrete solo tener presente che la durata del lievito naturale difficilmente potrà  superare la settimana. Col passare dei giorni, infatti, perderà  di potenza fermentativa e si degraderà  progressivamente.

IL SALE
Questo ingrediente viene impiegato in una percentuale che varia dall'1 al 2%, anche se esistono in commercio dei pani regionali che ne sono assolutamente privi.
Il sale - che va ben sciolto in acqua calda prima di essere incorporato nella massa - ha le proprietà  di aumentare la plasticità  della pasta, di migliorarne il sapore, di allungare i tempi di conservabilità  e di rallentare la velocità  del processo fermentativo. Anche il sale può subire un processo di raffinazione e le osservazioni fatte nei confronti della farina fatalmente si ripetono quando tale processo industriale riguarda il sale.
Il processo di raffinazione - consistente in vari lavaggi, precipitazioni e cristallizzazioni - toglie al sale marino integrale i sali di calcio e di magnesio (la loro carenza è oggi considerata una causa dell'insorgere di alcuni tipi di allergie e di depressioni nervose) e, soprattutto, gli oligoelementi. Questi ultimi sono elementi (metalli e non metalli) che - pur presenti in quantità  piccolissime o addirittura infinitesimali - rivestono un'importanza fondamentale nei processi nutrizionali, in quanto permettono e favoriscono le attività  vitaminiche, ormonali, enzimatiche, antibiotiche, ecc. Anzi, va sottolineato che l'azione biologica degli oligoelementi si ha proprio in dosi minime. Se infatti elementi come il sodio, il bromo, lo zinco ecc. fossero presenti nel sale nelle stesse percentuali del cloruro di sodio, il sale diverrebbe un prodotto nocivo.

I LIQUIDI
L'acqua ha un ruolo fondamentale nella preparazione del pane. E' infatti l'acqua che idrata la farina, gonfia i grani di amido, assicura l'elasticità  e l'allungamento del glutine, conferisce plasticità  alla pasta e crea le condizioni necessarie affinché si metta in atto l'attività  enzimatica che presiede alla fermentazione panaria. Le migliori acque sono quelle di sorgente o di pozzo, la cui reperibilità, però, per coloro che non abitano sul posto, è praticamente impossibile. Le acque troppo dure, clorate o ricche di sali terrosi, risultano poco adatte alla panificazione, quindi si consiglia di farle bollire prima dell'uso, per eliminare perlomeno i composti volatili indesiderati come i sali di cloro e di calcio.
Al posto dell'acqua, o assieme a questa, per confezionare alcuni tipi particolari di pane può anche essere utilizzato il latte. Tra i vari tipi di latte vaccino esistenti in commercio, chi non soffre di disturbi gastrici, faà  bene a dare a propria preferenza al latte fresco (cioè pastorizzato) e intero, evitando di farlo bollire affinché non perda le sue caratteristiche.

La temperatura dei liquidi usati in panificazione gioca un ruolo fondamentale sui tempi della fermentazione :
a 45°C e oltre la pasta non lieviterà;
a 37°C la pasta la pasta lieviterà  in 3 ore circa (in luogo temperato a 20°C);
a 10°C la pasta per lievitare impiegherà  12 ore circa.

La percentuale della quantità di liquidi, rispetto al peso della farina, si aggira fra il 60 - 65% .
L'esperienza, comunque, fornirà  senza dubbio un maggiore aiuto di quanto non facciano i numeri, i quali devono avere solo valore indicativo.

GRASSI, SPEZIE ED AROMI
I grassi maggiormente utilizzati nella panificazione sono il burro, lo strutto e gli olii vegetali (per i pani conditi). In generale rendono gli impasti più morbidi e gustosi, mantengono il pane più soffice e conservabile e ne rallentano il processo di raffreddamento. La fermentazione risulta tuttavia un po' più difficoltosa, tanto che è necessario aumentare leggermente la percentuale di lievito qualora si debbano produrre degli impasti con l'aggiunta di sostanze grasse.

L'olio extravergine d'oliva, fra i grassi citati e fra tutti gli olii, è sicuramente il più salutare: viene infatti ottenuto attraverso la semplice spremitura meccanica delle olive, con esclusione di qualsiasi trattamento chimico. L'olio extravergine d'oliva presenta un tasso di acidià  massima pari all'1%; è in assoluto il grasso alimentare più digeribile in quanto il più connaturale all'uomo, è riconosciuto come il migliore dei condimenti crudi ed è anche il più indicato per cucinare. Infatti, a differenza degli altri olii vegetali - ricchi di acidi polinsaturi instabili al calore e perciò, oltre certe temperature, produttori di sostanze tossiche per il fegato - l'olio extravergine d'oliva ha un contenuto più equilibrato di polinsaturi e si rivela il più indicato per gli usi a caldo.

Anche il miele, come l'olio, può essere aggiunto in piccole dosi per conferire aroma e colore alla crosta. Il miele cede al pane gran parte del suo particolare sapore per cui, sul tipo di miele da scegliere, dovà  pesare il gusto personale. In generale per la panificazione si preferiscono i mieli dall'odore e dal gusto poco pronunciati, quali quelli di acacia, di arancio amaro, di rosmarino, di tiglio. Grazie alle sue proprietà  igroscopiche, il miele regolarizza l'umidità  relativa interna del pane, per cui quest'ultimo rimane soffice più a lungo, rinsecchendo meno velocemente.
Ancora, il miele ha la capacità  di sopprimere la screpolatura che può avvenire durante il raffreddamento dopo la cottura.

Spezie ed aromi possono essere distribuiti sulla superficie esterna dei pani speciali o venire aggiunti all'impasto. Si confezionano pani con semi di sesamo, cumino, coriandolo, papavero oppure con noci, fichi, uvetta, pinoli, ecc.


PREPARIAMO IL PANE
Per fare il pane in casa non è necessario disporre di particolari attrezzature che non siano quelle che si trovano in ogni cucina ben fornita. Potendo contare su ingredienti di qualità, facendo tesoro delle esperienze, imparando a conoscere le caratteristiche del forno, calibrando in giusta proporzione le dosi e organizzando i tempi di lavorazione, sarà  possibile ottenere ottimi risultati.

LE RICETTE BASE
Il pane col lievito di birra
Fate sciogliere 45 gr di lievito di birra in un quarto di bicchiere di acqua tiepida insieme con 1 cucchiaino di miele; sciogliere anche 1 cucchiaino di sale in poca acqua, poi unire entrambi a 800 gr di farina, impastando con tanta acqua (o latte) necessaria a ottenere un impasto soffice che si stacchi facilmente dalle dita. Impastate almeno 15 min, girando e rigirando l'impasto.

L'operazione di impastamento è una delle fasi più importanti per la preparazione del pane.
La manipolazione dell'impasto risulterà  più facile se darete ai vostri movimenti ritmo e regolarità. La pasta va tesa, stirata, girata più volte per permettere una perfetta ossigenazione; se lasciata cadere, dovrà "soffiare".
L'impastamento, quando sarete esperti, non dovrà  durare più di 5 - 10 min.

Date al pane la forma desiderata e disponetelo in una teglia che avrete prima leggermente unto con olio. Praticate sulla superficie della forma tre tagli incrociati e lasciate lievitare in luogo tiepido per circa un'ora e mezza. Cuocete il pane per circa un'ora in forno caldo a 200°C.
Dopo i primi 15 min abbassate la temperatura del forno a circa 190°C.

Il pane con lievito naturale
Preparate due giorni prima il lievito naturale (vedasi capitolo lievito) e lasciate lievitare per 48 ore. Aggiungete alla pagnottella 150 gr d'acqua tiepida e 300 gr di farina, lavorate il nuovo impasto e lasciatelo gonfiare, sempre coperto da un panno umido, in una terrina per circa 4 ore, al riparo da correnti d'aria.
Nel frattempo fate sciogliere mescolando 1 cucchiaio di sale in 2,5 dl di acqua tiepida. Incorporate poi tutto il liquido alla pasta tenuta a riposo unitamente ad 1 Kg d farina fresca che aggiungerete poco per volta. Lavorate l'impasto circa un quarto d'ora, dategli la forma di una pagnotta e lasciatelo riposare per altre 2 ore.
Al termine del tempo di riposo introducete l'impasto nel forno, che nel frattempo avrete portato a 200 - 220°C.
Il pane lievitato è molto sensibile all'ambiente esterno in cui viene cotto. E' quindi preferibile cercare di creare all'interno del forno un'atmosfera leggermente umida, inserendo una ciotola (in materiale idoneo) piena d'acqua: il vapore che viene prodotto dal calore permetterà  al pane di formare una buona crosta.
La cottura potrà protrarsi per circa un'ora. La temperatura deve essere abbassata a 180°C dopo i primi 20-30 min.
Durante la prima mezz'ora è consigliabile evitare di aprire il forno, in quanto eventuali correnti d'aria potrebbero far sgonfiare il pane.

IL FORNO
Ogni forno funzionale può cuocere il pane. Più la pezzatura è grossa, più la cottura deve essere lunga e dolce. Al contrario, se i formati saranno piccoli o allungati, l calore sarà  più elevato e i tempi di cottura più corti.


Il forno a legna offre i risultati migliori e permette di ottenere un pane fragrante e di lunga conservabilità. La combustione si sviluppa lentamente e consente di mantenere un calore vivo e ben ripartito, la qual cosa conferisce alla crosta del pane un bel colore dorato.
Il fuoco va attizzato con legna secca, tenendo presente che i legni duri (noce, quercia, castagno) sono i più adatti, poiché bruciano lentamente e garantiscono un calore elevato; il legno tenero infatti brucia più in fretta, causando talora sbalzi di temperatura.

Il forno a gas è ideale per preparare il pane in casa. Questo tipo di forno, infatti, arriva rapidamente a temperature molto alte e il calore può essere agevolmente regolato nel corso della cottura.

Il forno elettrico assicura una buona riuscita. La crosta del pane potrà  risultare un po' meno dorata che non quella di un pane cotto nel forno a gas, ma senza che ciò vada a scapito della qualità.

LA MADIA
Era il luogo in cui veniva deposta, un tempo, la massa a lievitare e in cui la pasta madre era conservata per le successive panificazioni. Oggi si può rimpiazzare con un largo contenitore come una grossa insalatiera.

STRUMENTI DI MISURA
Per pesare ogni singolo ingrediente sarà  praticamente indispensabile poter usufruire di una bilancia da cucina, e altrettanto utile sarà  disporre di un bicchiere graduato per la misurazione dei liquidi. Il decilitro è l'unità  di misura solitamente adottata nella panificazione casalinga.
Si tenga presente che :
- 1 dl di liquido corrisponde a circa 100 gr
- 1 dl di farina corrisponde a circa 60 gr
- 1 dl di farina di segale corrisponde a circa 50 gr
Per controllare la temperatura dei liquidi - che dovrà, come detto, aggirarsi il più possibile intorno ai 37°C - può essere utile l'uso di un termometro.

STAMPI E TEGLIE
Esistono in commercio moltissima stampi da forno dalle fogge più strane. Possono essere in acciaio, in pirex (i materiali più consigliabili) oppure in ceramica temperata o in alluminio.
Si userà, per uno stesso tipo di preparazione, sempre il medesimo stampo, si eviterà  di lavarlo con detersivi e, tantomeno, di graffiarlo. Per la pulizia basterà  lasciarlo a bagno con acqua per qualche tempo staccando le croste più tenaci con uno strofinaccio, o con una spatola di legno.

IMPASTATRICE
Anche se sul mercato esistono diversi tipi di impastatrice ci sembra opportuno puntare prima di tutto l'attenzione su quella a "bracci tuffanti" che, più delle altre, riesce a sostituire le braccia dell'uomo imitandone i movimenti.
All'interno di una vasca in acciaio inox, dove sono posti gli ingredienti, due bracci, la cui potenza e velocità  sono controllate da un pannello di comando, agiscono con un movimento che consente di lavorare l'impasto ossigenandolo perfettamente.
Tutte le impastatrici si rivelano, comunque, adatte agli impasti che richiedono particolare forza, come la pasta lievitata per il pane.

MESCOLATRICE
Accanto alle impastatrici giocano un ruolo molto importante anche le mescolatrici, la cui funzione primaria - suggerita dallo stesso nome - è quella di miscelare gli ingredienti.
La più usata è senza dubbio la planetaria, fornita di utensili diversi che consentono di diversificare le sue funzioni, per cui è in grado non solo di mescolare, ma anche di battere, frullare e impastare.
Tuttavia numerosi esperti sconsigliano l'uso prolungato della mescolatrice planetaria per quest'ultima funzione, perché ciò va a tutto discapito della longevità  della macchina stessa, nata soprattutto con la funzione di miscelare. Sul mercato ne esistono di diverse dimensioni, con vasche in acciaio stagnato, in grado di soddisfare le esigenze sia del piccolo artigiano sia di chi opera a livelli industriali.

L'IMPASTAMENTO
Premesso che nessun libro sul pane, per quanto preciso e analitico, vi potrà  mai aiutare più che la pratica, forniamo di seguito alcuni consigli circa la fase di impastamento che possono contribuire a migliorare il vostro operato. Questa operazione è forse la più delicata e - per quanto sembri strano - il pane "sente" la sicurezza della mano che lo lavora.
L'importanza della manipolazione è legata al fatto che questa permette di liberare il glutine, il quale conferisce elasticità  alla massa attraverso la distribuzione dell'acqua e l'inglobamento di ossigeno. L'impastatura deve essere moderata (non violenta), cadenzata con ritmo, in modo da consentire alle molecole del glutine di disporsi parallele fra loro, conferendo al pane, in questo modo, la caratteristica struttura spugnosa e alveolata, favorevole a una buona digestione.

LA TEMPERATURA DELL'IMPASTO
La temperatura dei diversi ingredienti che compongono un impasto condiziona la qualità  del prodotto finito. Gli esperti sono in genere concordi nel sottolineare che la temperatura ideale degli ingredienti per un normale impasto che non preveda l'uso del lievito si aggira intorno ai 20°C (18 - 21°C), ed è importante che l'uno non sia troppo freddo, perché potrebbe condizionare la temperatura dell'altro. Vale allora la pena di seguire un suggerimento: tenete per qualche ora gli ingredienti in uno stesso luogo in modo che tutti possano raggiungere la medesima temperatura.
La temperatura ottimale per lavorare e far riposare gli impasti contenenti lievito si aggira invece intorno ai 25°C.
Se l'ambiente in cui la pasta viene lasciata a fermentare è più caldo, i processi di lievitazione saranno accelerati, ma la forza vitale del saccaromicete avrà  breve vita: sopra i 32°C si indebolirà  gradualmente e si esaurirà  del tutto se la temperatura raggiungerà  i 60°C.
Se, invece, la pasta lievitata sarà  preparata in ambiente a temperatura inferiore ai 25°C, sarà  necessario aumentare il quantitativo di lievito.
Quando gli ingredienti e l'impasto non superano i 22°C, il quantitativo di lievito deve essere quasi raddoppiato a meno che l'impasto, ricco di ingredienti di completamento, non abbia bisogno di tempi molto lungi di lievitazione.

LA COTTURA
Prima di introdurre il pane a cottura, lasciate scaldare il forno a 200-220°C, inserendo all'interno una ciotola piena d'acqua, in modo da creare un ambiente leggermente umido per meglio accogliere il pane. Dopo aver infornato l'impasto (ci si riferisce a pezzature grosse, di circa 1 kg), si prosegua la cottura per circa un'ora, avendo cura di abbassare la temperatura a 180°C trascorsi 20-30 minuti. Durante la prima mezz'ora si consiglia di evitare di aprire il forno, in quanto eventuali correnti d'aria potrebbero far sgonfiare il pane.
L'avvenuta cottura si potrà verificare:
- inserendo nella forma la lama di un coltello la quale, una volta estratta, dovrà risultare perfettamente asciutta.
- battendo con le nocche il fondo del pane, ne dovrà uscire un suono secco e legnoso, mentre un rumore sordo e felpato rivelerà che non è ancora il momento di sfornare.
Una volta estratto dal forno, il pane deve raffreddare lentamente, per 4 - 5 ore, in un ambiente asciutto -ma non secco- e ventilato, seppur lontano dalle correnti. Queste, infatti, possono provocare una screpolatura della crosta o addirittura causarne la rottura. I pani posti a raffreddare diminuiscono di peso (dal 2 al 5%) a causa della perdita d'acqua che prosegue anche dopo essere stati sfornati.
I panini di piccola pezzatura devono essere collocati su griglie oppure in ceste aperte o forate per consentire il proseguimento dell'evaporazione (trasudamento). I pani tipo filoni devono essere sistemati nei contenitori appositi, in piedi e non in numero eccessivo, altrimenti si schiaccerebbero diventando subito molli, in quanto verrebbe impedito il trasudamento. I pani grossi vanno conservati su delle tavole, oppure su appositi stenditori per qualche ora, affinché completino anch'essi il loro processo di evaporazione. Durante la fase di raffreddamento si può anche avvertire un leggero scoppiettio dovuto alla rottura della crosta conseguente alla differenza di temperatura esistente tra il pane appena sfornato e l'ambiente di lavoro.
Terminato il periodo di evaporazione, il pane può rimanere croccante per un determinato tempo (12-15 ore e più) oltre il quale perde questa sua caratteristica; rimane comunque consumabile se lo si è ben conservato.

I DIFETTI DEL PANE
Ecco, di seguito, un riassunto dei difetti più diffusi nel pane, con relative possibili cause e rimedi.
CROSTA SCURA: impasto freddo (alzare la temperatura dell'acqua o aumentare i tempi d'impasto); forno troppo caldo (diminuire la temperatura); farina debole (miscelare le farine); eccesso di malto (diminuire la quantità); eccesso di sale (diminuire la quantità); eccesso di zucchero (diminuire la quantità).
CROSTA CHIARA: fermentazione eccessiva; mancanza di sale (aumentare la quantità); scarsa quantità di malto (aumentare la quantità); farina troppo forte (miscelare le farine); acqua d'impasto troppo calda (ridurre la temperatura); forno freddo ( aumentare la temperatura di cottura).
CROSTA FINE: eccesso di vapore nel forno (diminuire); temperatura troppo alta e umidità eccessiva nell'ambiente di fermentazione (diminuire).
CROSTA DURA: temperatura del forno troppo bassa (aumentare); mancanza di vapore nel forno (aumentare); farina troppo debole (miscelare la farine); permanenza eccessiva nel forno (ridurre i tempi); impasto troppo acido e vecchio; fermentazione insufficiente (aumentare i tempi); scarsità d'acqua nell'impasto (aumentare).
SCREPOLATURE : umidità troppo bassa nell'ambiente di fermentazione (aumentare); raffreddamento del pane troppo veloce; esposizione a correnti d'aria subito dopo la cottura; farina troppo forte e tenace (miscelare le farine).
DISTACCO DELLA CROSTA DALLA MOLLICA: eccesso di umidità nell'ambiente di fermentazione; temperatura di fermentazione elevata (ridurre); acqua troppo calda (regolarne la temperatura).
MANCANZA DI VOLUME: eccesso di sale; pasta troppo dura; pasta troppo fredda (alzare la temperatura dell'acqua o aumentare i tempi d'impasto); farina debole o poco tenace (miscelare le farine); impasti snervati per eccessive lavorazioni; scarsa attività del lievito (analizzare il lievito e quindi controllarne le condizioni di conservazione).
PANE BASSO: eccesso di sale (ridurre); troppa acqua (ridurre); temperatura del forno troppo bassa (aumentare); farina inadeguata (miscelare le farine); maltrattamento delle pastelle durante le operazioni preliminari all'infornamento; lievito insufficiente.
MOLLICA CHE SI SBRICIOLA: eccesso di lievito (ridurre la quantità); cattivo stoccaggio del pane cotto; elevata umidità nell'ambiente di fermentazione (ridurre); mancanza di leggera "pelle" sulle forme da cuocere; lavorazione dell'impasto insufficiente; copertura delle forme con foglie di plastica (togliere).
MOLLICA BAGNATA: eccessiva attività della farina (miscelare le farine); farina scadente (cambiare farina); impasto troppo molle; impasto troppo freddo (regolare le temperature); pane mal cotto.
FORMAZIONE DI GROSSI ALVEOLI: formatura non regolare; temperatura di fermentazione troppo elevata (ridurre); eccesso d'acqua nell'impasto (ridurre la quantità). impasto eccessivamente maturo.



ciaociao Buon pane a tutte/i ciaociao

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venerdì 16 aprile 2010, 14:19
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grazie mela!!!!!!!!!!


venerdì 16 aprile 2010, 14:20
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Interessante Mela, grazie baciocuore
Aspetto gli altri capitoli si si

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Grazie Mela, mi fai venire in mente che avevo promesso di fareuna cosa simile per formaggio... timido scusate.. timido utilizzando il mio libro....
vedrò di rimediare. si si si si

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venerdì 16 aprile 2010, 18:45
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Mela molto interessante si si si si si si
:brava :brava
bacio

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un po' del mio mondo lo potete trovare sul blog

... profumi e colori ...


sabato 17 aprile 2010, 1:01
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ok ho aggiunto i seguenti capitoli:
- gli ingredienti del pane
- i cereali : frumento, segale, orzo, avena, miglio, grano saraceno, mais, farro, riso.
- la farina

pon pon sono contenta che sia di vostro interesse occhiolino
ciaociao baciocuore

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martedì 20 aprile 2010, 10:27
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grande melina!


martedì 20 aprile 2010, 11:00
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Gran bel lavoro, molto interessante, resto in attesa della seconda parte :brava :brava :brava

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martedì 20 aprile 2010, 12:59
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occhiolino ho aggiunto il capitolo dedicato al lievito ok

ciaociao baciocuore

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mercoledì 21 aprile 2010, 10:57
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scusa mela,ma il tuo libro,come il mio mi sa che è lo stesso,parla del lievito naturale come se fosse pasta di riporto in realtà,perchè il fatto di conservarne una parte dell'impasto prima di cuocerlo e panificare almeno una volta alla settimana è proprio quello che caratterizza questo tipo di lievito. mah!


mercoledì 21 aprile 2010, 11:43
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Mela, il Lievito Naturale (o pasta acida), in questo caso, è il crescente o pasta da riporto, vero??
Interessante tutto quanto bacio
Potresti fare la foto della copertina del libro e metterlo nella prima pagina, penso che starebbe bene
si si

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mercoledì 21 aprile 2010, 12:01
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infatti Sere, anche secondo me è proprio quello che viene chiamato più comunemente chiamata "pasta da riporto".
In effetti dice che è quello "tradizionalmente" usato per la panificazione "casalinga".

E' vero, almeno da quello che sento raccontare da mia mamma; al suo paese, quando era ragazzina, facevano tutti il pane con la pasta da riporto e penso che sia stato così anche in altre zone d'italia.

Il lievito sempre naturale e a pasta acida è...solo che in questo caso ha un procedimento di utilizzo diverso dalla pasta madre.

Sarebbe bello sapere se la pasta madre veniva usata nella "panificazione tradizionale casalinga" o solo nella panificazione artigianale e di qualità, ed in quali zone d'italia...sul tuo libro, Sere, non c'è scritto?

Anna, grazie per l'idea!!!!!!!! bacio farò la foto sicuramente occhiolino si si

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mercoledì 21 aprile 2010, 12:39
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Mela, anche mia madre e la suocera di mia sorella facevano il pane con "u luvat" (penso che si possa tradurre "lievito").
Mia madre, prima di dividere l'impasto in panetti, toglieva la parte da conservare, l'arrotondava, ci faceva la croce sopra con il coltello e la metteva in una tazza da caffé latte unta di olio, penso che la coprisse con un piatto.
Non mi ricordo dove lo teneva, non avevamo ancora il frigo Occhietti , forse nella credenza mah!
Ma ricordo che il pane veniva un po' troppo compatto, forse era poco idratato mah!

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mercoledì 21 aprile 2010, 12:54
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- Premessa, non ho letto tutto il thread, non me ne vogliate quindi se dirò cose già dette -

Anna, questa abitudine di tenere da parte un pezzetto di impasto per la panificazione successiva la ricordo anch'io quando, ancora bambina, guardavo estasiata mia nonna che faceva "i filoni" (parliamo della zona garganica della Puglia). E anche lei lo chiamava "u' luàt", ovvero "il tolto", cioè la parte che si è tolta, tenuta da parte.
Credo che sia un'usanza molto diffusa in tutto il Sud Italia; in Campania, per esempio, il pezzetto di impasto messo da parte prende il nome di "criscìto", elemento imprescindibile nella preparazione del pane cafone "di casa", ma anche di tortani, casatielli e chi più ne ha più ne metta.

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mercoledì 21 aprile 2010, 13:18
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il mio libro si intitola "il pane e i segreti per farlo" o una cosa simile,della demetra editore,magari hanno cambiato titolo e copertina,ma le parole sono identiche e messe nello stesso ordine oooh! non dice quindi niente di più di quello che hai trascritto...

in effetti nonna mi ha detto che il pane lo facevano con un pezzo di quello della produzione precedente,quindi pasta di riporto,che non ha niente a che fare con la pm che usiamo e conosciamo mah!
bisognerebbe intervistare un panificatore,magari con qualche anno in più,che conosce sia l'una che l'altra


mercoledì 21 aprile 2010, 13:22
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mia-wallace ha scritto:
E anche lei lo chiamava "u' luàt", ovvero "il tolto", cioè la parte che si è tolta, tenuta da parte.


Penso che tu abbia ragione Mia, effettivamente luvat vuol dire levato, cioè tolto e non lievito si si
Anche tu origini pugliesi piaceremio


A proposito, io, che ho la mia bella età, non sapevo dell'esistenza della pasta madre sintanto che non ho messo piede nei forum.
Per questo, dalle mie parti, penso che non si usasse la pasta madre

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mercoledì 21 aprile 2010, 13:51
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si si siiiiiiiiiiiiiiiiiiiii si si Anna, Paola, mia mamma e, ricordo, anche mia nonna, lo chiama così..."ù l'vat"...ed io invece che lo traducevo "il lievito" timido ....adesso mi avete fatto venire la curiosità heheh ...dovrò chiedere a mia mamma o a mia zia Teresa si si occhiolino

Anna, il pane in effetti era bello compatto, dal sapore molto intenso e particolare, molto ben cotto e molto molto colorito in superficie; io lo ricordo si si ...da piccola sono riuscita a mangiarlo, ancora lo facevano in casa le nonne (per poco però...)...facevano i treccioni da portarsi in campagna e staccavano un pezzo della treccia per pucciarlo nel sugo di verdura o per mangiarlo col formaggio.

Le donne preparavano il pane la notte, lo facevano lievitare sino a mattina inoltrata e quando passava l'uomo del forno che gridava" il forno è prontoooooo"...le donne andavano al forno pubblico con tutte le forme dei loro pani disposte su di un asse, che alcune riuscivano anche a portare in testa (si vedono ancora in alcuni vecchi documentari).

Il "fuochista/fornaio" infornava a turno i pani, li portava a cottura e poi i rendeva alle donne, che talvolta non erano contente del risultato e davano seeeeeeeeeempre la colpa al fuochista/fornaio ahaha ...questo lo raccontava mia nonna ed anche mia mamma se lo ricorda.

Sere, all'interno della copertina c'è scritto che i testi sono tratti sia da "Pane, i segreti per farlo", Demetra 1999 che da "Il libro del pane. Tutti i segreti per farlo", Giunti, 2003.
Quindi hanno unito i due volumi. si si

Ho messo la foto della copertina occhiolino

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mercoledì 21 aprile 2010, 15:19
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Bello con le foto, Mela love
Sta venendo proprio bene :brava

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mercoledì 21 aprile 2010, 15:45
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in effetti la demetra non ha molta fantasia,anche i libri dei dolci sono tutti uguali,stessi testi battiditi
belle queste storie di altri tempi!


mercoledì 21 aprile 2010, 17:30
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macciaao ...ho aggiunto i capitoli dedicati al sale, ai liquidi, alle spezie ed aromi.

ciaociao

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thank's


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baciocuore baciocuore baciocuore baciocuore baciocuore baciocuore baciocuore baciocuore baciocuore baciocuore

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Bellissimo questo thread Mela!
:brava

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lunedì 26 aprile 2010, 18:38
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ho aggiunto il capitolo "prepariamo il pane ... con ldb e lievito naturale" ok

grazie Babette e grazie Mia! thank's sono contenta che possa interessare si si occhiolino ok


ciaociao ...al prossimo aggiornamento occhiolino baciocuore

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martedì 18 maggio 2010, 12:19
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grazie mela!


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